martedì 21 luglio 2009

Viaggi a Canvano valley

La ricerca sullo scoiattolo europeo (Sciurus vulgaris) mi ha impegnato negli ultimi 14 mesi, sto accumulando il materiale necessario per il lavoro di tesi specialistica in Evoluzione e Biodiversità. Di base catturiamo gli scoiattoli e mettiamo un radiocollare che ci permette di trovarli nel bosco con radio e antenna.
Di solito i periodi di lavoro sono organizzati a blocchi di 7-10 giorni che passiamo (io e gli altri ricercatori) in una foresteria sopra il lago di S. Giacomo di Fraele. Il posto è accogliente, un cucinino elettrico, acqua corrente (non d'inverno), letti a castello, 20 minuti di macchina per arrivare al primo posto dove prenda il cellulare. Insomma: botte da 10 giorni di totale disintossicazione mediatica, aria buona, animali a go-go e un po' di smatto da noia.
Questo tipo di ricerca sul campo, oltre che essere interessante dal punto di vista naturalistico, mi ha permesso di sviluppare alcuni aspetti della vita di un normale di H. sapiens (che è ben diversa dalla vita di ZooUmano che faccio normalmente!).
Ecco un elenco delle attività con cui mi sono intrattenuto nei periodi di campo di questi mesi:
  • Marcia, tra le 3 e le 8 ore al giorno, attraverso un bosco fitto come gli aculei di un porcospino. Ogni tanto degenera in una corsa ad ostacoli, molto interessante. D'inverno si traduce in ciaspolate di ore sopra 2 metri di neve.
  • Resistenza alle intemperie: quando c'è da chiudere le gabbie perchè piove, vuol dire un paio d'ore inzuppati fradici, la mattina alle 6, a 2000 m. Brrr..
  • Allenamento di orientamento. C'è bisogno di sapere sempre dove sono i punti cardinali, in mezzo al bosco, sennò non si trovano le trappole!
  • Ottimizzazione rapida del percorso (che nome altisonante che ho scelto, sarà per darmi delle arie). Vagare per un bosco fitto di mughi alla ricerca di uno scoiattolo vuol dire tagliare dritti ma cercando di fare meno fatica possibile.
  • Riconoscimento fauna e flora locali. Si spiega da solo. Vantaggio sicuro in caso di guerra civile e/o altri scenari apocalittici.
  • Immunizzazione a svariate dipendenze, aumento della resistenza alla noia, alla solitudine (soprattutto in questi giorni che sono stato solo soletto, mai successo di stare da solo così isolato) e ad altre cose molto insidiose.
Ed ecco un videino che romanza tutta la questione (con un pizzico di licenza artistica..)!


lunedì 20 luglio 2009

Specialisti

Pur restando all'interno del ristretto gruppo degli usufruitori di placenta.

Specialisti nella brachiazione:



Nell' arrampicata:



Nella corsa ad ostacoli:



Nel nuoto:



Nel salto:



Nella maratona:


Nel volo libero:




Beh, consoliamoci un poco.
Konrad Lorenz (1943) ha definito l'uomo come specialista nel non essere specializzato e proprio da questa caratteristica deriva la sua universalità. Con l'esempio di una ipotetica gara sportiva, Lorenz ha dimostrato che l'uomo può essere superiore ad ogni altro animale [in determinate circostanze, n.d.r.]. Poniamo che esso debba effettuare una corsa di cento metri, che debba poi tuffarsi in uno stagno, recuperare tre oggetti ad una profondità di cinque metri, nuotare per cento metri, afferrare una corda sulla riva opposta, arrampicarsi su questa per cinque metri e fare infine una marcia di dieci chilometri [...]. Nessun altro vertebrato sarebbe in grado di sostenere tali prove. (da Etologia Umana)
Certo nemmeno tutti gli uomini e donne che conosco ci riuscirebbero, ma questo è un altro problema..


PS: ho scelto filmati ripresi rigorosamente in natura, rappresentanti animali liberi e normali. Ritengo che i filmati di animali che interagiscono tra loro e con l'ambiente artificiale di uno zoo siano decisamente meno significativi.

martedì 14 luglio 2009

Free soloing, secondo principio della termodinamica e koan

Ieri notte sono uscito per completare i tre progetti in free solo notturno che mi ero prefissato da un po' di tempo. Sta mattina ho scoperto che John Bachar è morto durante un free solo, alcuni giorni fa. Io non lo conoscevo, il mio approcio animalesco alle cose, spesso, mi porta a non interessarmi delle storie umane che stanno dietro all'evoluzione di una disciplina. E questo è male, spesso. Per rispetto verso di me e verso di lui, quindi, non sprecherò parole di falso cordoglio, piuttosto penserò alla sua esperienza la prossima volta che starò per arrampicare senza sicura. Ecco chi era:



Solo una cosa vorrei dire, prima di passare ai miei progettini (che ovviamente impallidiscono e si fanno piccini piccini, di fronte a un gigante del genere), agli arrampicatori che vorrebbero vedere la pratica del free solo messa al bando. Se arrivasse qualche colletto bianco e impedisse agli alpinisti di arrampicare perchè, sebbene con la sicura, la gente muore e, d'altra parte, non ha senso salire su una montagna quando ci si può arrivare con la funivia (qualcuno potrebbe sostenere che anche la funivia è pericolosa; al Cermis ci sono morte 20 persone. Ah, ma le ha ammazzate la funivia o l'aereo militare statunitense? Allora forse, in ultima analisi, sono gli aerei da guerra che dovrebbero essere vietati?), cosa direbbero? Forse risponderebbero che può non aver senso per qualcuno ma per qualcunaltro ce l'ha, e che l'importante è essere coscienti dei rischi ed accettarli e che uno deve pur essere libero di fare quello che vuole con la sua vita, finchè non mette in pericolo quella degli altri? Bene, ho concluso, vostro onore.

Ora mi è passata la voglia di parlare delle mie conquiste che, rispetto alla mistero della morte, alla politica e all'etica, sono veramente delle piccolezze. Ecco i problemi risolti (notare che sono anche dovuto scendere, poi) ma immaginateveli al buio.














lunedì 13 luglio 2009

Strane quadrupedie

Il movimento sui quattro arti è un esercizio che un traceur non può non conoscere. Parte integrante del metodo naturale e del MovNat, adottata dagli allenatori di MMA, praticata fin da bambini, la quadrupedia è un grandioso strumento per sviluppare contemporaneamente gli arti superiori, inferiori ed il tronco, nonchè la coordinazione, la resistenza e la respirazione. Ne esistono di tutti i tipi: all'indietro, sulle scale, del granchio, del ragno (e molte altre ancora). Ma io, oggi, ne ho inventata una tutta mia: la quadrupedia della talpa.


L'acquedotto dei vasi (guardate 'sto piccolo video) è un manufatto interrato di origine Romana, è lungo 3544 metri, parte dalla valle del Noce per arrivare alla porta di S. Alessandro con un dislivello di 70 metri. Il primo uschiolo (accessi all'acquedotto per la manutenzione) è situato alla fine del sentiero dei vasi e vi si accede facilmente.

Il mio allenamento di oggi è consistito in una quadrupedia di 60-70 metri (più il ritorno) all'interno del canale interrato e semiallagato. E' durato circa 15 minuti, mani e piedi nell'acqua fredda e nel fango argilloso, denso e pesante. Stupendo.

All'interno ho potuto apprezzare numerose incrostazioni minerali di svariati colori, muffe e funghi, muschi e residui vegetali. Ho incontrato anche molte creature: rane e salamandre gli unici vertebrati, onischi per i crostacei, zanzarone a rappresentare gli insetti, scolopendre per i chilopodi e, per ultimi ma meglio rappresentati, una caterva di ragni e ragnatele.

Per l'occasione, oggi, ho portato pila da testa e macchina fotografica ma altre volte l'ho fatta al buio totale, senza scarpe e maglietta e, devo dire, è ancora meglio! Affondare mani e piedi nel limo, senza vedere nulla (ma proprio nulla!) e sentire il respiro freddo che viene da lontano è impareggiabile. Si impara a fare affidamento su altri sensi, in modo particolare il tatto, è un esercizio di autocontrollo sotto stress e ci si sporca un sacco!



PS: sulla via del ritorno, non contento, mi sono fermato a fare dei sollevamenti di tronchi e delle piccole arrampicate. Tutto condito dallo scatto in bicicletta per arrivare sul posto e per tornare a casa a fare la doccia.

domenica 12 luglio 2009

Open Zerowatt

Un periodo decisamente favorevole alle esplorazioni, tanto che il Jimbo colpisce ancora. Ecco un altro report.

2001
La Zerowatt di Nese chiude i battenti, niente più lavatrici bergamasche.

11-7-09
13.30_Magda e io decidiamo di fare un sopraluogo per una più approfondita esplorazione del grosso complesso industriale di nese, la Zerowatt. Facciamo il giro in macchina una volta, due volte. Decidiamo di parcheggiarci dentro un nuovissimo complesso commerciale limitrofo. Scopriamo subito un entrata facilissima, c'è un ponte di cemento sopra ad un ruscello, il cancello è tutto fuorchè sicuro.


13.50_Senza nemmeno accorgercene siamo già dentro, menomale che doveva essere un giro d'ispezione. Siamo sotto una vasta veranda formata da onduline di plastica, spazzatura e scatole di cartone ci accolgono. Entriamo nell'edificio che doveva essere il capannone industriale principale. Buio, lame di luce dalle finestre affumicate, Flora violenta cerca di conquistare l'interno inospitale. Vaghiamo in deriva per gli ampi spazi, facendo numerose fotografie. Vediamo: pavimenti polverosi, buchi nel soffitto, cartelli strani, colori accesi, montagnole di guano, ragnatele ed estintori, muri scrostati, atelier artistici nascosti, vetri rotti e non, giungle selvatiche e timide briofite, stivali infangati, gatti che scappano. Saliamo e scendiamo scale, attraversiamo spazi vuoti, percorriamo corridoi. Abbiamo vagato per tutto il capannone. Rimane da esplorare lo stabile degli uffici ed una casa (forse era di un custode). Purtroppo è giorno e per arrivare a questi altri edifici bisogna percorrere tratti aperti, facilmente visibili dalle case intorno. Decidiamo di ritornarci un'altra volta, possibilmente in notturna.

14.40_Do una spiata fuori da una finestra, tutto tace, la Panda è sempre lì ad aspettarci. Ripassiamo da mod. Explorer a mod. Bravi-ragazzi-che-fanno-qualche-foto, usciamo come se nulla fosse. Ci attardiamo a fare ancora qualche scatto dell'esterno poi saliamo in macchina e andiamo a casa. Siamo un po' stanchi.

Jimbo

venerdì 10 luglio 2009

Il budello della Rocca

Ricevo dal mio amico ed esploratore Jimbo, il report di una breve capatina "dentro" la Rocca di Città Alta. Eccolo:

9-7-09
22.00_Scavalco facilmente il muro di mattoni dell'asilo nido di città alta, in parte al museo storico, mi trovo in uno spiazzo ghiaioso. Proseguo fino a trovare la vecchia rampa di scale che porta all'altra entrata (sbarrata da decine di anni) della Rocca. Salgo per pochi metri e sulla sinistra comincia l'inferiata metallica. Sembra essere stata costruita più per evitare che la natura selvaggia esca piuttosto che per paura che qualcuno vi penetri. La scavalco con inaudito piacere, cercando di focalizzarmi sul silenzio. Mi trovo su di un sentiero di pietre coperte di foglie secche, avanzo fino ad uno sbarramento, ci passo sotto. Davanti a me si apre una vera e propria ferita della terra. Un grosso scavo che dovrebbe diventare un parcheggio ha sventrato il fianco di città alta, portandosi via un boschetto con uno stagno (uno degli ultimi luoghi ospitali per gli anfibi della zona). Ora mi faccio più cauto, sono visibile dalle case in basso. Proseguo per una cinquatina di metri aquattato a terra, quasi a quattro zampe, finalmente vedo l'entrata.

La luce comincia a calare in fretta. Entro nel buco. Accendo la mini torcia ad incandescenza, illumina pochissimo. Faccio un rapido sopraluogo. Tutto agibile. Sulla via del ritorno vado a controllare che l'entrata dalla parte della mensa universitaria sia aperta, pare esserlo.
22.15_Mi avvio per lo scavo, attardandomi ad osseravare interessato un pluviometro elettronico attaccato ad una presa, lì all'aperto. Scavalco il muro dell'asilo e sono fuori.

10-7-09
13.00_Io e Magda usciamo, ci dirigiamo alla mensa universitaria. Come due studenti qualsiasi entriamo nell'edificio ma poi tiriamo dritti e passiamo un cancello (al quale manca la serratura). Siamo nel vecchio zoo della rocca (mi ricordo dell'aquila con l'occhio di vetro, saran passati 20 anni). Camminiamo, saliamo della scale, a destra si vede uno scorcio del chiostro di S, Francesco, a sinistra una rete metallica. Aggiriamo. Siamo allo scavo. Questa volta c'è luce, ci muoviamo bassi, aspettiamo poi ci muoviamo ancora. Arriviamo al buco, entriamo rapidamente. Questa volta ho la torcia da testa nuova e Magda ha la mia pila. Il tunnel procede e noi con lui. Dritto dentro la Rocca per 50 metri, poi piega a destra. Al gomito c'è una porta arrugginita e devastata, dietro, dei gabinetti ormai inondati dall'umidità che gocciola dal soffitto. Riprendiamo il tunnel. Il soffitto a volta è coperto di stalattiti calcaree. Dopo un centinaio di metri c'è un budello, si gira a sinistra, poi a destra, poi c'è una porta, la varchiamo. Siamo nell'ultima stanza, li infondo c'è una porta d'acciaio. Da sotto arriva la luce, probabilmente fa parte dell'asilo. Sopra di noi sentiamo dei passi, il cemento armato rimbomba. Torniamo indietro facendo qualche foto.

13.45_Usciamo dal buco, corriamo bassi, attraversiamo la foresta, usciamo dalla mensa, andiamo a casa a mangiare che ci è venuta fame.

Jimbo

martedì 7 luglio 2009

Perchè pratichiamo l'arte dello spostamento

Ecco le ragioni evolutie, psicologiche e sociali che ci spingono a fare Parkour..



Della serie: Master of the Environment versus The Noobs.. ;)

sabato 4 luglio 2009

Insegnare?

Docendo discimus

Seneca
La definizione di insegnamento implica una trasmissione formalizzata di conoscenze, mentre quella di formazione tira in ballo lo sviluppo compiuto di un individuo sia in termini di personalità che in ambito professionale. Ai fini di questo scritto l'insegnamento è considerato una mistura di questi due concetti e, quindi, utilizzo questo termine in una maniera forse impropria ma non ho voglia di addentrarmi in questioni di tipo semantico (spero mi perdonerete).

L'insegnamento è un meccanismo presente in maniera abbastanza diffusa in natura, soprattutto nei vertebrati a sangue caldo (mammiferi ed uccelli). Mamma ghepardo (Acinonyx jubatus) mostra ai cuccioli come cacciare, gli scimpanzè (genere Pan) sono in grado di insegnarsi l'un l'altro a compiere semplici azioni, certo c'è un notevole differenza tra l'apprendimento per imitazione e l'insegnamento volontario..
In Homo sapiens importanti adattamenti (come la struttura tridimensionale del cranio, la neotenia e la struttura sociale) sono stati fissati anche per prolungare il periodo di intenso apprendimento del cucciolo e un sistema didattico si è evoluto al fine di migliorare l'efficacia e l'efficienza dell'apprendimento (con ovvi benefici per la fitness del nucleo familiare).
L'insegnamento tra gli uomini, quindi, avviene continuamente in maniera più o meno volontaria. Il problema di un insegnamento per imitazione nella società mass-mediale di oggi è che i modelli facilmente fruibili (le star nei video, il protagonista di un serial, il traceur che si allena duro per sfondare nello spettacolo) sono generalmente funzione di un sistema che non è finalizzato alla crescita armonica degli individui quanto, piuttosto, alle logiche commerciali (si veda anche qui).
Ecco che, quindi, è l'insegnamento volontario, didattico e, se vogliamo, pedagogico l'unico che ci permette il trasferimento da una "generazione" all'altra di una disciplina (e più in generale di molte altre materie complesse che non sono solo una somma di nozioni) nella sua interezza, con sistemi di allenamento, valori e codici.
Quindi si, credo che il Parkour vada insegnato (come d'altra parte è stato insegnato a me). Il problema è come farlo e chi deve avere questo privilegio-responsabilità..

Ora, in sintesi, entriamo più nello specifico.
Esistono diverse modalità di insegnamento, elenco e do una breve descrizione:
  • Indoor: qui non si insegna il parkour, ma la palestra è un buon strumento per sottolineare l'importanza del condizionamento e per permettere anche ai meno pronti di studiare le tecniche base. Importante è chiarire che la palestra, da sola, può aiutare solo a creare i prerequisiti per il parkour.
  • Outdoor: all'esterno si può fare tutto, il parkour è qui. L'ideale sarebbe sfruttare questo ambiente "ostile" per rompere le barriere mentali e per applicare le tecniche in tracciati.
  • Corsi nelle scuole: iniziative lodevoli ed importanti, non tanto al fine di trasmettere la disciplina quanto, piuttosto, di aiutare i ragazzi a vivere una vita motoriamente intensa e evitare "nature deficit disorder".
  • Workshops: probabilmente il sistema migliore, consente di raggiungere un vasto numero di interessati e promuove una certa autonomia.
  • Lezioni private: mah, solo in casi particolari. Ovviamente il sistema è efficacie ma va valutato caso per caso.
Inoltre dobbiamo valutare alcune questioni. In primis il problema della certificazione: sono abbastanza convinto che un sistema di certificazione serva ad evitare che i ciarlatani si arricchiscano arrecando danni, d'altra parte ci sono alcuni tutor di parkour (soprattutto a nord delle alpi e oltre oceano) che non hanno certificazioni ma sono decisamente competenti e devoti. Per il momento l'unico sistema valido è l'ADAPT. Altra questione importante è il rapporto tutor/numero di studenti, rapporto che, per garantire un buon livello qualitativo, deve rimanere basso. A PkGen, per esempio, mantengono un rapporto di un tutor per 10-15 praticanti in palestra, rapporto che si dimezza negli allenamenti outdoor. Per ultimo (ma non per importanza) la questione soldi. Un buon sistema di pagamento dovrebbe permettere allo studente di svincolarsi dal corso in ogni momento egli decida di aver raggiunto un sufficiente livello di autonmia (il raggiungimento del quale dovrebbe essere uno dei principali obiettivi di qualsiasi corso). Inoltre il prezzo dovrebbe assestarsi per garantire vasta accessibilità ma mantenere un buon standard qualitativo.

Finirei con una lista di PRO e CONTRO i corsi e con qualche idea su come ammortizzare i contro tra parentesi.
PRO:
  • trasmissione sicura della disciplina nella sua completezza
  • obbligo di un condizionamento intenso
  • possibilità maggiori di far crescere i meno abili
  • avere una guida a disposizione dello studente
CONTRO:
  • omologazione (incoraggiare ad allenarsi anche autonomamente)
  • gli studenti si trovano davanti dei movimenti "preconfezionati" (cercare di evitare di proporre movimenti, piuttosto aspettare che gli studenti li "vedano")
  • costo (spingere perchè si raggiunga l'autonomima)
  • "effetto materasso", ovvero una certa sicurezza in palestra con pericolose conseguenze fuori (imprescindibile è un allenamento quantomeno parallelo tra palestra ed esterno)
  • allontanamento dalla situazione urbana in cui è nato il parkour (insistere sui valori corretti e studiare anche la storia della disciplina)
  • responsabilità legali (boh?!)